venerdì 17 giugno 2011

Dio ha un piano, io una chitarra, lei suona il basso, il coro è un fracasso di vetri rotti e urla scimmiesche e giriamo per locali tirando su quattro soldi e un mucchio di stracci che ci vengono lanciati con lattine di birra e animali da compagnia. Appena vidi Micky, Micky Ward, e quel fottuto leone indomito che aveva nel petto mi avvicinai dicendogli che lo ammiravo si, cose di questo genere, vere, reali, e gli diedi anche una pacca sulla spalla. Come se fossimo vecchi amici, gli chiesi un favore, di pestarmi a sangue il volto, cambiarmi i connotati, rendermi irriconoscibile e cose di questo genere che di solito si chiedono a chi ha un amico boxer. Micky capì subito quel che intendevo, ma disse anche che non avrebbe potuto fare nulla per me,  nulla se non mi fossi reso conto di essere vivo e mortale. Raccolsi gli stracci che avevo addosso e dandogli fuoco mi accostai scongelando il tempo intrappolato come una lisca lungo la mia spina dorsale. A notte fonda vidi l'alba sciogliermi in gola nodi stretti da esperti marinai.

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