mercoledì 29 giugno 2011

Mi guarda fosco tradendo l'ansia nel fumo che fugge dalle sue labbra come una lepre eterea e affamata, non tocca parole da qualche anno. E' di conforto il battito del cuore e quel tremito che dalla mano si spegne negli occhi strizzati e rovesciati, è di conforto a se stesso sapersi gradevole e molteplice corruttore delle relazioni sociali. Non è di nessun conforto sputare benzina sulle ballerine e suadenti sirene che attraccano al suo morale stupidi e insensati incoraggiamenti. Non è lieve affondare e circumnavigare gli abissi del tempo e la memoria di quando quel sorriso eruttava benefico e balsamico e sopiva l'affanno del respiro e del vivere nelle vanità di un tempo che mostra i genitali eretti ad aggredire fiorenti giungle di particelle aggregate dall'angoscia e dal terrore di spegnersi senza il conforto di una lama amica.

Il criceto e la sua reminiscente lotta per la sopravvivenza mi parla come ad un vecchio amico. Quante sbronze insieme caro criceto. Quante canne. Al vento risuonavano la melodia di una radiosa giornata. E i tuoi piani per fuggire dalla trappola, mi ragguagliavi ansimando con quel tuo corpicino tenero da tagliarsi con una libellula in fiore. Ogni volta correvi su quelle scale sino al settimo piano e da lì ti buttavi, senza che nessuna nefasta conseguenza ti obbligasse a metter fine a quel tuo gioco, giorno dopo giorno, senza che mai nulla della tua piccola esistenza di criceto potesse lasciare una impronta nel giardino dove atterravi, o fra le scale su cui ti arrampicavi o nelle stanze verso cui indugiavi prima di lanciarti come un aquilone che non avesse ancora imparato a galleggiare. Nemmeno il pesciolino rosso conservava qualche ricordo di te. Come se tutto potesse essere restituito senza alcuna piega nel tessuto emotivo della stanza e degli spiriti che vi abitavano. Mi raccontavi con un nodo in gola e un insetto che non avevi ancora afferrato quale fosse la motivazione che ti portava ad incorrere negli stessi errori volo dopo volo e arrivasti a sostenere che fosse quello  il senso della tua vita: perseverare nell'infamia di una vita inadatta a lasciarsi dietro tracce di sè. Così te ne andasti sapendo bene che nemmeno io avrei avuto motivo di avvertire in qualche modo la tua assenza. E' facile dimenticarti piccola creatura, come se non fossi mai passato da queste parti, più nessuno conserva un tuo ricordo o pronuncia il tuo nome con affetto. Nessuno. Sono cresciuti senza che si ricordassero di te. Tutti quei piani senza aver l'accortezza di lasciare qualche impronta. Dubito che tu sia poi mai esistito.

2 commenti:

  1. ma il criceto non smette di credere.
    E tu?

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  2. hai visto quante mani? tenere in esse una piccola creatura fremente mi ricorda quanto sia prezioso un battito

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