venerdì 11 novembre 2011

Aveva qualcosa in testa che si rannichiava. Qualcosa per la mente che non osava render di dominio pubblico. Era al punto in cui giunge chi è ad un passo da una rivoluzionaria scoperta ma i suoi genitali non davan più alcun segno di vita e afflitto discese con le poche energie residue nell'abisso gonfio di una caverna che ospitava solamente coloro che non avevano più nulla da dare in grembo. Illuminando a mattino si scorgono, nell'angolo in cui ha trascorso i suoi ultimi anni, intagli che dovrebbero essere letti nel seguente modo:
" Costellazioni familiari e cantici e colibrì e costellazioni annuali che ingombrano la mia mente la mia torva e inaugurale mente. Ho ingoiato ogni cosa. Ogni fottutissima cosa. Non ho più nulla. Non vi devo nulla. Non potete pretender qualcosa da chi non ha nulla. Ho ingoiato lo sperma di un cuore moribondo. Ho ingoiato le poche scintille che ancora facendo vibrar le vocali intonavano dalle cordi frasi che potevan anche addolcirti l'orecchio. Non posso dir nulla che non sia tacciato e rivoltato affilato contro la mia carne e sanguino vino e bianco improvviso stona il cielo. La canzone non ha età che posson relegarla nell'infanzia. Quel che dico non ha più sesso. Non dirò nulla e quella mancanza di suoni sarà interpretata come vorrete e come più vi aggrada. Tutto conduce a voi. Tutto è vostro alibi. Io ingoio ogni stimolo e avanzo ingrossandomi fra le pareti del ventre ingoiato dal cranio e digerito dallo stomaco di un enorme uccello senza prepuzio. L'essere sintetizzato dai vostri sensi è una allucinazione. Non esisto. Non sono mai quel sarò. "

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