lunedì 19 dicembre 2011

Rivestito di comodità e di una leggera patina di presunzione Tom, l'equilibrista Tom, si affaccia alla finestra riversando dalla fronte i postumi di una vita sobria e ben disposta nei confronti del prossimo e dell'antecedente. Ci sono bocche da sfamare. La carne brulica di pazienti in attesa di essere visitati nell'antro oscuro di un sesso opposto a quello di marcia. Il pavimento è una lingua luccicante di stelle e spore. Sperma fiorisce rigoglioso e mummie diffondono odore come di primavera e come di un buon bicchiere di vino stagionato. Non ci sono le mezze verità. Le mezze stagioni. La via di mezzo digerisce il traffico nell'ora di punta trascurando l'imbarazzo di un tacco impantanato nell'aria che respira il brimo occhio sveglio del mattino. Susseguenti lancette mirano a stabilire un nuovo record. Lancio del minuto. Lancio dell'ora. Mezzanotte e nuota nell'incavo del gomito accompagnando i tentacoli di una medusa. I passi sono sempre gli stessi. La noia è sempre bagnata sotto il suo abito blu cobalto e cremisi denti affilano i morsi della fame sulla pietra posata dalla prima caduta del santo Meteorite e della sua schiera di comete. Huxley mi prescrive ottusità. Sgombra la mente. Ricama giardini nudi dalla cintola in su. Abbeverami. Tom l'equilibrista resta sempre a galla nella poltiglia che si porta da casa ogni volta che scivola sulla incomprensione in agguato all'incrocio fra il mio caos e il tuo destino. Fatalità espresse sulle facce di un dado. Ritratto. Ritraggo. Le onde dalla battigia svaniscono all'orizzonte. Un sollievo sapermi solido.

" poems "

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