sabato 10 dicembre 2011

Un cane riporta gli oggetti che gli lancio. Lancio speranze, tornano deluse. Lancio organi di cui farei a meno, riporta una melodia che non ha ancora adatte orecchie. Lancio un'esca, abbocca un malessere che il cane si rifiuta di afferrare nelle strette mascelle. Lancio improperi, urla, strazianti vetri infranti, tutto ritorna avvolto da un senso di rimprovero: non ho più voglia di seguirti nel tuo gioco, si accende un mozzicone d'osso e mi guarda come se d'un tratto si fosse liberato da secoli di addomesticamento. Tiro fuori un gatto, un topo, un orso, un chinghiale. Dall'arca del mio ventre emergono tutte le varietà della fauna terrestre. Estinte e di possibile avvento. L'evoluzione mi ha arreso alla dipendenza. Il fuoco mi ha abbandonato. Riconsegnato. Riconsegnato ogni apprendimento. Neppure la seduzione mi appartiene più. Labbra mie gelide. Terra mia sterile. Affondo in flutti che non promettono nessuna metamorfosi.

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