lunedì 12 marzo 2012

Si sfrega le labbra, le mani leccate senza sosta,  negli occhi un lucido motivo musicale che ritorna sempre a seguire lo stesso ritmo, lo stesso tempo. Pesta il piede su acini imploranti. Vendemmia. Ebbra litania che agita il mulino dei suoi pensieri. Gonne corte si accovacciano a raccogliere i frutti del dolore. Stai invecchiando. Glielo disse così, come potresti dire qualsiasi cosa che ti sia appena sovvenuta al palato della mente, ma con una dolce sfumatura di amorevole premura che sollevando quel morbido petto pareva che nulla potesse scalfire lo spazio dove indugiava la voce rivestendosi di lustrini prima di prorompere come un dato di fatto di inequivocabile valore. Dentro quello spazio nel petto morbido si aggirava come un topo lieto di essersi perso nel labirinto di un esperimento scientifico. La scienza era tutta in quella constatazione: il più bel complimento che mai, e sottolineo sotto tortura mai, lei gli avesse mai sussurrato. Divenne una intera statua in erezione. Adoranti sacerdotesse strappandosi la pelle dalle vesti sconfessavano il terrore del vuoto d'ogni spiraglio palpitante dei loro corpi morbidi come mosto morbidi come mosto. Invecchiò in quello stesso istante, così come sarebbe dovuto essere da qualche decennio... fu come aprire gli occhi serrandoli sempre più. Come cristalli di neve mai uguali. Mai simili.

" Rainin in paradize "

Nessun commento:

Posta un commento