venerdì 22 giugno 2012

Diciamo le cose come stanno, disse dicendo le cose come stavano. Avevi proprio un bel culo; steso sul lettino il morbido pendolo del tuo fondoschiena scandiva i battiti del tempo che impiegavo a perdere l'orientamento: mi ipnotizzavi facendomi regredire a un grosso fallo primordiale. Dicendo le cose come stanno, segue il resoconto delle tue sedute, o meglio camminate, un resoconto del cazzo:
ignoto ignoroignoro ignoto i sensi trappole anguste, eclissi di stelle e il panico dell'ignoto... ignoro l'angusta trappola dove sono raccolto. Una benda raccoglie le pioggie, tempo colla, fotogrammi di eroina e l'ago segna l'ora dell'incomodo declino, fiori lunari aprono le fronti e smeraldi lungo il il pendio scendono a valle, nascosti come danze, impalano le ombre agli umani. Un innocuo delitto. L'innocenza delle pallottole e la malizia del passo di una farfalla ebbra. Andatura scivolosa. Un dio nel grembo di un demone nel grembo di un dio. Nessun peccato e nessuna origine. nessun giudizio, nessun male che non giovi, nessun bene che non nuocia. Alle armi. Interrogo le memorie delle teste tagliate.

Prima Memoria:
dsdsdpl,csqads slajeiu mcliwsl ei lsipaoeli alsdel alpcwwqlfir mxm liesc dowdk a klpqei l dsimclap i ejaò skmeszi nd uiee ka laeeo urn clweia ozkceieir ksf ni ho llssddieoparole senza sesso genitali fioriscono sulla pelle la scimmia abbozza un tentativo sognai una corretta punteggiatura, una sedia bianca alla fermata dell'autobus alle 22.14 di sera del 15 maggio 2010, e una voce dirmi di seguire quell'uomo con quel pelo bianco spuntargli dalla fronte seguii quell'uomo per tutta la notte sino alle 22.14 di sera del 15 maggio 2010, una forzatura. Una sedia bianca sulla quale una scimmia rifletteva sul sesso delle parole. Una corretta punteggiatura e il solco della terra nella sua orbita attorno al sole. Non cresce nulla lassù. Solo probabilità e il verbo al principio come potè diffondersi? Il vuoto di un occhio limpido su cui si versa liquido seminale azzurro. Liquido seminale limpido sembra versarsi nell'occhio azzurro. Il solco della corretta punteggiatura e quell'uomo con il pelo bianco spuntargli dalla fronte.dselfcm lwd, cs: dslqdn de; ak!segui quella sedia bianca. Quel pelo bianco.Non dimenticare la faccia. Non perderla.Velata plenitudine affinchè possa percepirtiriconoscertiriconoscermiamnesie, rilievo della coscienza esisto in quanto immemore.

Seconda Memoria:
Quale tragico orrore esser uguale a prima,come se nulla fosse stato. il cervello come derviscio s'arresta nell'occhio del ciclone.

Terza Memoria:
 Quale vantaggio potrà mai arrecargli il controllo, di sè, dei suoi gesti, dei suoi pensieri, delle sue emozioni, se dagli innumerevoli buchi che si procura in tutto il corpo lascia fuggire via ogni cosa, lasciandosi oltrepassare e restando immobile e indietro, senza un filo di voce per chiamare il suo nome e farla voltare? Si rifugia in quel piccolo spazio bianco dove persino le parole hanno terrore di mostrarsi. Qual è il tuo giogo? Corri, corri da lei, non perdere l'ultimo battito del tuo cuore.

Quarta Memoria:
Inganno il mondo, così respiro la solidarietà degli insetti. Trattenendo le reazioni violo le leggi della fisica, ma noi umani da cosa siamo disciplinati? Da un gran vuoto forse, lo spazio fra gli atomi che chiamiamo anima.

Quinta Memoria:
Filomena dalle grandi mani di conchiglia, si sveglia appena calda, sulla fronte ancora fresco il taglio netto della luna, alle guance rossore di corallo e segreti. Dal mare in città lenta avanza, ingrossandosi degli sguardi appena desti, raccoglie intenzioni e movimenti, dispensa attenzione e sorrisi a fior di labbra, carnosi petali appena socchiusi, la lingua raccolta senza pensieri, lenta avanza verso la città dispensando e raccogliendo, lenta respira le prime contrazioni alla foce del ventre. Filomena d'alghe e sabbia, senz'altro di che coprirsi, svolta stretta in un vicolo, si ferma, ruota gli occhi attorno svelando i nascondigli dei suoi figli. Turbati ancora dai fruscii della notte e tremanti, freddi della lontananza delle stelle e e tremanti, appiccicati ancora agli occhi della notte, tremanti turbati e freddi e appiccicati le si fanno appresso, stringendosi attorno, anello ronzante di voci appena schiuse dalle perle in gola umide e luminose. Filomena dalle grandi mani di conchiglia li stringe a sè, a cenni e sguardi, alza i palmi rovesciandoli sulle loro teste come una muta benedizione; bagnandoli d'onde li porta con sè, al cuore, blù e profondo del mare, ricopre i loro volti d'acqua e conforto

Sesta Memoria:
 All'ombra dell'albero antico dagli innumerevoli frutti, mele e pesche, datteri e cocchi, e altri ancora, molti altri, aspettando il soffice chiarore delle stelle, leggono, assorti, scambiandosi un'occhiata ad ogni impercettibile turbamento della luce. Quando sarà notte, notte di luna piena e lupi ululanti, notte di stelle fruscianti e lucciole ebbre, quando sarà notte danzeranno sino a sfinire l'angoscia dell'uomo moderno.L'uomo della croce legge il corano, l'uomo della mezzaluna fra le mani regge la bibbia, l'uomo di loto sorride ascoltandone il mormorante silenzio.Verrà notte e danzeranno nudi e indistinguibili.

Settima Memoria:
Le lucertole la notte scivolano dalle crepe dei muri fin alle sue labbra iniziandola e finendola. E' notte. Fonda. Come metallo fuso. Notte. Come cioccolato fondente. Notte. Cicatrizzarsi di ombre. E' notte. Come Jack lo Squarcianoci e il suo mantello di filigrana. Le calze di porcellana. Le scarpe di melograno. Un cappello largo largo ad inghiottirgli la testa. Un coniglio nelle tasche; balza, da una tasca all'altra. Vaniglia all'occhiello. Gelsomino sui polsini. Un bracciale di veltro al polso, all'altro un orologio di grano. Duro. Dal collo una coda di pavone aperta sul torso. Una mela nello sterno, tenuta ferma da una spilla. Mezza mangiata. L'altra metà in un vaso. Sotterrata. Come dire, cenere alla cenere polvere alla polvere terra alla terra mela ai vermi. Coltiva noci. Varie noci. Noci, pesche noci, nocini, nocciomele, fragonoci, noci sciroppate, nocive, albicoccole nociate, e ancora noci, noci e basta. Jack lo Squarcianoci e i suoi guanti di piombo. Orecchini di cera. Alle dita anelli di fumo. Sobri. Eleganti. Lacci d'elica alle scarpe. Un motore d'aliscafo ai tacchi. Tacchi bassi, così bassi da sotterrarlo di mezzo metro. Jack lo Squarcianoci ai di sotto del livello del mare. Nuota. Muto e raso. Seta e cieco. Si riempe i polmoni d'acqua. Un moderno acquario, di tessuti e organi in avanzato stato di composizione. Puro espressionismo. Alcuni pesci colonizzano la nicchia vascolare. Fra i bronchi cresce corallo. Il diaframma smuove il fondo dell'addome, come una manta alla ricerca di cibo. Sinuose anguille intestinali fitte fitte copulano. Una dietro l'altra. Jack risale la corrente. Elettrizato trattiente il fiato. Come fra un respiro e l'altro. Come fra un lampo e il tuono. Come le sue pinne da squalo. I suoi occhialini di tartuga. Lenti. Una montatura quei riflessi frazionati. Le sue calze bianche. Accecanti. Si vede l'osso quando accavalla le gambe. Il polpaccio lo morse qualche giorno fà una serpe. Dormiva a cielo aperto. Fragore di stelle. Letargo e miele. Piercing d'api sulle ciglia. Un calabrone infilzato nel palato. Vespe infisse ai lobi. Viti intrecciate sulla fronte. Acini cascanti sulle guancie. Porpora e pallore. Fiato caldo sui ceppi. E' notte e accende le stelle. Si spoglia. Posa le ossa sui rami e dorme.

Rinsavii al primo schiocco delle sue chiappe. Una strana sensazione mi trattenne ancora, come se fossi solo una proiezione del suo sguardo, come se la mia consistenza avesse un senso solo  dentro i suoi occhi, dentro gli occhi dove traboccando, mi spandevo lì dove la sua attenzione si spostava. Avevo il terrore di svanire non appena avessi oltrepassato il fuoco del suo orizzonte, avevo l'orrore di annegare nelle tenebre non appena lei avesse chiuso gli occhi.

" CRX "

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