venerdì 8 giugno 2012

"Hai ancora il cilindro?" Nella voce di Pandora avverto una certa urgenza, non capisco se sia solamente il desiderio di affrettarsi, di andarsene via, di lasciarsi alle spalle Agg, io, e i suoi deliri, oppure se qualcosa in quello che le ho raccontato possa averla scossa. La sua voce, esce dalla bocca, come un budino. "Si, è ancora lì, dove l'ho messo ieri." Le rispondo, secco. "Mostramelo." Fottiti, vorrei dirgli. Sono quì, turbato, e tu vuoi vedere quel maledetto cilindro. Cosa mi aspettavo? Che, reggendomi le mani, e il braccio, questo strano braccio, avesse potuto, carezzandomi la fronte con dolci parole, acquietarmi? Ha ascoltato tutta la mia storia, in silenzio, non è già abbastanza? "Vado a prenderlo, se vuoi qualcosa, serviti pure." In camera non si è mosso nulla; apro lo scomparto e prendo, cauto, fin troppo, il cilindro per la tesa. Leggero. Come se fosse lui ad afferrarmi, mi avvicino a Pandora, cauto, fin troppo, come se non fossi sicuro di svelare un segreto che potrebbe abbandonarmi nel momento stesso in cui viene pronunciato. "Tieni." "E' un cilindro." "Cosa ti aspettavi?" "Un cilindro, non era quello che volevi farmi vedere?" "Si" "Allora non farla tanto lunga." Accorcio il mio sguardo; una foschia sale dal pavimento, offuscandomi i pensieri. Ribollo. Vorrei ferirla, ora, dirle qualcosa di orribile e divorare tutto il suo dolore, tutto. "Posso entrare?" "Dove?" "Nel cilindro, devo entrarci". Fai pure. Ma resto muto. Fai pure, vai. "Vai".

" Piove "

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