lunedì 18 giugno 2012

Mi disse di provare. Io provai. Immaginai la mia morte; chiusi gli occhi e visualizzai il mio corpo steso, composto, immobile. Immaginai le persone a me care attorno, sui loro visi diverse reazioni, sui loro corpi differenti visioni. Immaginai tutto questo vedendo me stesso steso e attorno addolorate persone. Non riuscii a mantenere per più di qualche attimo l'illusione. Io restavo, immobile, mentre una dopo l'altra le persone a me care, almeno così inizialmente ipotizzavo, svanivano, lasciando come ultima immagine all'interno della mia retina mentale un ghigno beffardo. Alfine, eccomi, fisso come un baccalà senza nemmeno puzzare. Aprii gli occhi ritrovandomeli  tutti lì, attorno, con quel ghigno beffardo sui visi molli come bianche larve, e l'indice puntato su di mè, pesante, come se irradiasse sul mio petto tutta l'energia oscura dell'universo. Eccola, era ovvio che non riuscissero a trovarla seppure ne ipotizzavano la presenza, si nascondeva, da chissà quanto, negli indici puntati delle persone a me care in chiaro atteggiamento provocatorio. Mi avrebbero denigrato sino alla notte del tempo. Che cazzo di idea, provare una cosa del genere! Avrei dovuto averne il sentore, non correvano buoni rapporti fra me e le persone che erano approdate alle costole della mia conoscenza lungo l'arco teso del mio addome. Aprii, per quanto mi fosse possibile, le mascelle delle mie pupille divorando ogni percezione visiva che si rifrangeva sullo specchio dei miei occhi; non riflettevo, divoravo, incessantemente, divorai ogni cosa, sino a quando, raggiunta l'estrema tensione, esplosi disperdendo frammenti nello spazio che si stava ricreando man mano che l'energia spingeva l'onda d'urto lontano da me. L'anima, la mia anima, era quel che restava fra gli spazi vuoti della materia in costante espansione, era nel vuoto fra gli atomi, la lacuna che gli esseri colmano continuamente, senza accorgersi di nulla, del nulla.

" The Show Must Go On "

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