lunedì 4 luglio 2011

L'agente in completo a specchio traverso, particolare tessuto che permette  una completa riflessione solamente se visto con la coda dell'occhio, altrimenti sarebbe sembrata una normale divisa da poliziotto, intimò a me e al mio pappagallo di scendere dalle scarpe, il pappagallo era posato sulle mie spalle e non indossava scarpe, e biascicando qualcosa in un tono che pareva preso in prestito da una pentola a pressione mi chiese se sapessi dirgli l'alfabeto al contrario. E al pappagallo di riperterlo. Gli sembrava che fossimo fatti, la pupilla disse, la mia pupilla era dilatata come una vulva in calore e gli pareva giunto il momento di adottare il metodo degli sbirri americani. Dimmi l'alfabeto al contrario. Otebafla, risposi, ma non parve accogliere nemmeno l'ironia, il suo cervello masticava tabacco che sputava alle radici delle sinapsi. Gli dissi, senza tanti convenevoli, che avrei potuto raccontargli qualcosa delle orchidee, mi ero appena informato su internet di quelle carnose radici aeree che assorbono umidita dall'aria e dagli occhi. Alla fine patteggiamo per la composizione chimica del tetraidrocannabinolo che enunciai ripetuta dal mio fido pappagallo. A casa mi riconobbero tutti, persino gli sconosciuti che si erano mimetizzati nell'ambiente circostante aspettando il momento propizio per cancellare ogni traccia del mio odore. Anche per me fu facile riconoscerti e scivolare a riempirmi la bocca delle morbide labbra del tuo quieto desiderio.

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