sabato 23 luglio 2011

 MickiMouse non si sarebbe di certo aspettato d'incontrare per via, mentre sognante vagava con la mente in chissà quale edifico costruito apposta per lui, con stanze ripiene di oggetti da scovare e trabocchetti da evitare e passaggi segreti che se infilati di sghembo ti catapultavano verso altre stanze ma tutte con qualcosa di leggermente diverso, seppur identiche nella forma, ma non nella sostanza, e si perdeva nella sua capiente mente da MickiMouse ad elaborare un piano e una chitarra e improvvisare a tavola, seppur non fosse in ogni caso la sua tavola, una melodia che diffondendosi strideva non appena una differenza, seppur trascurabile, ma non per questo da omettere, s'incagliava in una nota qualunque che defluiva spandendosi dalle sue mani vorticanti fra piano chitarra e un elaborato tamburo di latta. Per questo e altro ancora di cui non posso far parola e nemmeno gesti non perchè contenga audacie od oscenità ad amenità ma per altro e quell'altro sarebbe il semplice fatto di non essere in grado di tradurne il divagare in parole a voi comprensibili. Voi che mi avete letto. Sono pur sempre il narratore no? Il punto, cari signori, se così possiamo indicarlo, il punto è quello segnato con una x nella mappa che vedete alla vostra destra, in basso a sinistra, leggermente in alto, ecco! proprio dove MickiMouse non si sarebbe di certo aspettato d'incontrare per via il treenne Oscar col suo Tamburino di latta appeso al collo e quel passo deciso ad incrinare e frantumare qualsiasi dubbio o perplessità. Aveva ancora il dono della voce. Come direte voi, non fu perso una volta per tutte? Quella sua incantevole voce che amalgamandosi al vetro ne prendeva la volontà assoggettandolo alle delicate mani delle sue timbriche. Certo, fu perso quel suo dono. Ma come una fenice, così ricordo d'aver letto poco fà, che risorge dalle sue ceneri perchè è l'unico modo che conosce per perpetuarsi, essendo unica, la sola Fenice, così non potendovi essere altri Oskar dopo di lui il treenne sembrava appena risorto da qualche falò dove doveva aver bruciato qualcosa di vecchio. Eccolo di nuovo lì mai più cresciuto, seppur di qualche centimetro e lievemente deforme, con una gobba da Notre Dame, ma nuovamente alto come un bimbo di tre anni, nonostante ne avesse qualcuno di più, sicuramente, da come mi guardava lo supposi, non scordiamoci che sappiamo visse sino a trent'anni in quel suo corpo da quasi treenne, poi di lui perdemmo le tracce, sapendo solo che non voleva aver attorno profeti, riconoscendosi simile a quel Gesù che aveva in Giuda il suo miglior amico. MickiMouse sobbalzando lo riconobbe e gli si mise accanto trotterellando al passo di quell'incantatore d'un tamburino, Oskar raggiante come nessuno mai dava di polso e aculei vocali, e in men che non si dica e neppure si possa osare immaginare ben presto nel paese nessun vetro conservava più quella forma che si credeva fosse defenitiva, in quanto destinata a quella particolare funzione: una finestra, uno specchio, lampioni e caraffe barattoli e lenti e quant'altro fosse di vetro, l'intero paese tracollò di schegge riflesse in ogni dove come un coreografico spettacolo di fuochi artificiali. Oskar era raggiante, come mai prima d'ora ammaliava qualsiasi orecchio capitasse sbadatamente a tiro del suo tamburo di latta. E MickiMouse non sapendo quale fosse lo scopo della sua visita decise di lasciarsi ammaliare quel tanto che bastava da veder che sarebbe successo. In seguito.

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