lunedì 21 luglio 2014

Nessuno ha mai saputo darci una risposta definitiva, che fugasse ogni dubbio e che rendesse obsoleta la domanda che studiosi di ogni ramo del sapere costantemente si pongono come rappresentanti dell'intera umanità: cosa distingue l'uomo da tutto il resto del genere animale? Quali particolarità ci ha reso quel che siamo? Le risposte sono molteplici, ognuna derivante dalla particolare specializzazione che lo studioso ha accolto in se allargandone i confini sino ad inglobarsi interamente: il linguaggio, la cultura, l'intelligenza, la capacita di costruire strumenti/cose , l'essere immagine e somiglianza di dio, l'aver ingerito il pomo della conoscenza, un monolito nero,  la fantasia, l'immaginazione, l'autoconsapevolezza, l'emozione, il pollice opponibile, l'edonismo, la crudeltà...
Come potrei avere una risposta, e infatti non ho nulla che possa placare il dilemma che tanto ci assilla con presunzione tipicamente umana. Come tipicamente umane sono tutte le risposte con cui tentiamo di pervenire ad una soluzione definitiva. E' il nostro istinto, che crediamo di aver trasceso a ripresentarsi torbido e mimetizzato fra le molteplici attività che l'uomo è immemore di compiere in funzione di un unico scopo: la soddisfazione del suo istinto. E' un immane rituale che compiamo come un gioco che si protrae in giri innumerevoli sul medesimo circuito che ci appare sempre diverso per via di alcuni specchi che confondono le acque come se la nostra visione fosse sempre corrugata da un getto continuo di massi nello stagno delle nostre riflessioni. E' una immane stupidità quella che ci tiene occupati: costruire cose che poi distruggiamo, e forse questo è il nostro costrutto fondamentale.
La sensazione di libertà che mi attanaglia è solo una sofisticata catena che mi tiene a galla in un cielo invaso da tante altre esistenze come la mia; forse l'unico senso possibile è quello del vento, scovare fra innumerevoli folate quella che più calza attorno alla nostra indifesa pelle sospingendoci verso un orizzonte che ha la sola funzione di placare il dolore e colmare il diaframma di aria che modula la nostra canzone, il suono che possiamo condividere solo con il tacito accordo della ribollente fiamma che consuma ogni strada sotto i nostri piedi sollevati da terra quel tanto che basta da farci passare sotto ogni futilità che non valeva la pena e che non vale la nostra pena. 


                                                                "UTOPIA"




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