venerdì 29 aprile 2011







Sono l'alambicco. Sono arabo e distillo preghiere. Sono greco e condenso divinità. Sono la sostanza di cui son fatti i sogni, e son sveglio, son sveglio, mi sono appena destato da un lungo torpore. Ho dita lunghe, braccia lunghe, troppo lunghe, a volte mi sono d'impaccio, come tutto quello che è troppo lungo starei meglio se mi distendessi. Non vorrei si arrampicassero in me. Non vorrei che il Presuntuoso s'adirasse. L'unico. L'amore non conta nulla. La meta non esiste. Solo terra e infinite distanze. E questo allungarmi, nel tentativo di coprire l'impudico orrore dell'infinito, mi tende, mi tende, mi tende tanto da perdere qualsiasi geometria

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