Quante volte aveva immaginato, potrebbe considerarsi un esercizio, la propria morte.
Non che le avesse contate, ma si svuotava d'ogni cosa, di pensieri, di sensazioni, di sè stesso per così dire, e poi non che ci fosse qualcosa, non rimaneva più nulla, eppure era ancora vivo, nonostante non ci fosse più nulla, era ancora vivo ad immaginarsi la propria morte.
Ed ecco che lo prendeva poi una commozione, lo prendeva tanto si stupiva che ci fosse ancora qualcosa, e si commuoveva presenziando alla propria morte.
Come se si stupisse che quel suo corpo volesse ancora vivere, la volontà della materia vivente, gli imperativi della carne e delle cellule e forse anche dei batteri, era una forza a cui quel pensiero doveva soccombere.
Gli restava solo d'immaginarsi, come fosse un esercizio, la propria morte.
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